Bancarotta fraudolenta e riciclaggio, sindaco di Montagnareale ai domiciliari

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Bancarotta fraudolenta, tentativi   di accaparramento di ingenti finanziamenti pubblici, regionali e comunali, e operazioni di riciclaggio e autoriciclaggio. I finanzieri del Comando provinciale di Messina, nell’ambito di indagini dirette dalla procura di Patti, hanno scoperto, nel piccolo centro di Montagnareale, un’associazione criminale con a capo il sindaco e composta da 9 membri della sua famiglia (i genitori, la moglie, la suocera, la figlia, le due sorelle, un cognato ed una cugina). Il gip ha emesso un’ordinanza di custodia cautelare e disposto il sequestro di denaro e beni per un valore complessivo di circa 3,5 milioni di euro. Per il primo cittadino sono stati disposti gli arresti domiciliari; gli altri nove componenti della famiglia sono destinatari del divieto di esercitare imprese o uffici direttivi di persone giuridiche per 12 mesi.

Secondo quanto emerso dalle indagini, sviluppate dai finanzieri della Tenenza di Patti sotto il coordinamento del Gruppo di Milazzo, attraverso intercettazioni telefoniche e accertamenti bancari, il sindaco di Montagnareale avrebbe costituito “un fittissimo reticolato societario, composto da sette società, con sede a Montagnareale, Barcellona Pozzo di Gotto e Librizzi, ed attive in diversi settori commerciali, dalla costruzione di edifici e strade alla compravendita di beni immobili sino allo svolgimento di attività ricettiva, di cui tre portate alla decozione, fallite e progressivamente svuotate dei rispettivi patrimoni a  favore di altre società consorelle appartenenti ai membri della famiglia indagata”.

Uno schema che il gip ha definito “estremamente sofisticato, molto elaborato, consolidato, ripetitivo, efficace e assai remunerativo” e che aveva la finalità non solo di determinare le bancarotte fraudolente e le connesse operazioni di reimpiego dei patrimoni fraudolentemente distratti ma anche, “attraverso artifici e raggiri, di intercettare indebitamente cospicui finanziamenti pubblici, concessi dal comune di Montagnareale e dal vicino comune di Librizzi o da enti regionali”. I debiti di alcune società, soprattutto quelli nei confronti dell’erario, venivano fatti lievitare e poi non onorati, mentre i relativi guadagni venivano distratti a favore degli indagati, rendendo “le casse societarie veri e propri bancomat personali del gruppo”. Le nuove società, spiegano gli investigatori, raccoglievano poi “il testimone da quelle fallite proseguendo ad operare sul mercato, riproponendo gli stessi illeciti metodi di gestione e con le medesime finalità: un sistema definibile a staffetta”.

Il gip del tribunale di Patti, accogliendo la richiesta della procura, ha quindi disposto anche il sequestro diretto, preordinato alla confisca, delle somme presenti sui conti correnti di quattro degli indagati per una somma complessiva di 2,5 milioni di euro, pari al profitto ottenuto dai reati contestati. Sequestrate anche tre unità immobiliari, del valore stimato di 1 milione di euro, site a Librizzi e Taormina.

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